Sulla panchina
Finalmente ero riuscito a prendere un appuntamento con te, dopo mesi e mesi di corteggiamento in chat e di chiamate agli orari più impensabili, parlando con un tono di voce flebilissimo per non far sentire ai nostri rispettivi genitori le parole, i segreti e le emozioni. Eravamo piccolissimi, io poco più di 18 anni e tu qualche mese in meno di me. Avevamo parlato di tutto, ma la cosa di te che più mi colpiva era la tua capacità di farmi eccitare, eri letteralmente tremenda, non ero io che idealizzavo, eri proprio tu che con quel tuo fare a tratti ingenuo, a tratti maledettamente provocante riuscivi sempre a farmi fantasticare le cose più inimmaginabili.
Arrivai all’appuntamento con abbondante anticipo, non vedevo l’ora di vederti. Tu fosti puntuale, ti vidi camminare in direzione della mia moto sicura, nonostante di me avessi visto solo qualche foto scambiata in chat e niente più. Eri bellissima, più alta di quel che immaginassi, i tuoi capelli biondo scuro splendevano al tramonto del pomeriggio. Parlammo molto poco all’inizio, le lunghe chiacchierate in chat sembravano solo un lontano ricordo, l’emozione ci stava fregando. Il cuore mi batteva forte e i tuoi silenzi tradivano altrettanto imbarazzo da parte tua. Certo era che entrambi volevamo fortemente toccarci, rendere intimo e tangibile un rapporto che fino a quel momento era stato solamente telematico o poco più. Ci incamminammo verso la villa comunale, tenendoci per mano come due fidanzati, tu me la stringevi fortissimo, io cercavo di essere educato ed elegante e volevo sempre dire la cosa giusta, ma non riuscivo a staccare gli occhi da quella tua pronunciata scollatura, ero eccitatissimo.
Ci sedemmo su una panchina ed iniziammo a baciarci con passione, volevo sentire le nostre lingue a contatto e spingevo forte, forzando la tua iniziale resistenza e le tue labbra serrate. Mi bastò sfiorarla per eccitarmi tantissimo, le nostre salive si mischiavano ed io sentivo il cazzo indurirsi nei boxer. Non riuscivo a contenermi, dovevo assolutamente toccare il tuo seno che sembrava voler schizzare fuori da quella maglia verde chiara. Per fortuna non c’era nessuno attorno e la nostra panchina era ben nascosta, potevo agire quasi indisturbato! Te le sfiorai prima da sopra la maglia, palpandole e soppesandole, erano davvero splendide, morbide ma al tempo stesso sode come solo quelle di una ragazza non ancora neanche ventenne possono essere. I capezzoli incominciavano ad indurirsi sotto il sapiente tocco delle mie dita ed io ti sentivo fremere ogni volta che li titillavo o li sfioravo anche solamente con il palmo aperto della mano. La maglia aderente stava per esplodere, i capezzoli spiccavano come due piccole guglie ed io avevo una voglia matta di succhiarli, di sentire il loro splendido sapore e guardare l’espressione del tuo volto mentre li ciucciavo. Mi guardai ancora intorno, volevo che mi toccassi il cazzo ma tu sembravi molto intimorita e spaventata dal fatto che qualcuno potesse vederci o comunque passare vicino alla nostra panchina. Ma il fato volle davvero farci un bel regalo quel giorno! O i nostri sensi erano davvero sfasati dall’eccitazione o davvero per quella scarsa mezz’oretta fummo soli, senza che nessuno potesse guardarci. Mi feci forza e ti toccai in mezzo alle gambe, nonostante avessi anche tu i jeans gli umori si avvertivano già esternamente, il solo contatto con la parte interna dell’inguine fu umido, ero eccitatissimo e volevo solamente toccarti la figa per vedere quanto fosse bagnata. Finalmente ti facesti coraggio anche tu e mi iniziasti a toccare il cazzo da sopra i jeans, disegnandone la forma con la mano quasi come se volessi misurarne la dimensione. Ti sbottonai i jeans quel tanto che bastava per poterti far alzare un attimo e sfilarteli un po‘. Il contatto del tuo culetto con il ferro freddo della panchina ti fece un attimino sussultare e sorridere al tempo stesso, io oramai ero in trance, desideravo solamente mettere la mano all’interno del tuo corpo. Ti trastullai un po‘ la figa da sopra alla mutandina nera, un semplicissimo e banale slip nero senza alcun ricamo o fantasia che in quel momento mi sembrava più provocante di qualsiasi autoreggente o guepiere. Eri così umida che mi sembrava di infilare due dita nell’acqua, le mutandine erano impregnatissime ed io desideravo solo scostarle per poter finalmente infilare le mie dita nella tua figa. Tu di mettermi il cazzo fuori non volevi proprio saperne, non riuscivi ancora a vincere la tua paura, ed io allora continuai per la mia strada, ansioso di raggiungere il mio obiettivo che finalmente mi fu svelato allorché apristi le cosce quel tanto che bastava per farmi intravedere una fessurina rosa, bollente e pulsante, ricoperta da un ciuffetto di peli biondi un po‘ buffi per la loro forma ma tremendamente eccitanti. Ti infilai un dito dentro, la strada era spianata, eri allagata, potevo andare con due tranquillamente. Il movimento delle mie dita ti fece perdere completamente il controllo, al punto da spalancare le gambe senza curarti neanche del rischio che stavamo correndo. Fu questo tuo gesto a farmi coraggio, ti presi la mano e te la misi convinto sul mio pacco, volevo che lo prendessi in mano, dovevi farmi una sega in quel momento, l’erezione contenuta dal jeans iniziava a farmi male, il tessuto era duro, avevo come la sensazione che qualcuno mi avesse messo un peso proprio sul cazzo. Mi abbassai i jeans esattamente come avevo fatto con te poco prima e misi fuoriil cazzo dal boxer bianco, adesso era tutto tuo e dovevi solamente giocarci. Il mio movimento nel tuo corpo riprese dopo poco e bastò qualche altro istante per sentirti gemere, le gote ti si arrossarono neanche ci avesse scoperto tuo padre e nascondesti il tuo volto dietro la mia spalla quasi come se ti vergognassi di quello che era appena accaduto. Ti avevo fatto godere, ci ero riuscito solo con le dita, solo con due dita dentro per qualche minuto e massaggiandoti delicatamente la clitoride. Questa cosa mi rendeva fiero e felice, mi sentivo l’uomo più forte del mondo! Ma adesso dovevi darmi la mia ricompensa, dovevi anche tu palparmi il cazzo e massaggiarmelo. Ed allora iniziasti a muovere la mano su e giù, anche il mio era umidissimo nonostante non fosse stato toccato fino a quel momento e quindi la pelle sulla cappella scorreva come se niente fosse. Ti bastò davvero poco, non più di due minuti per farmi venire, e fu tremendamente bello perché per tutto quel tempo tu non facesti altro che guardarlo, eri così attratta da quel pezzo di carne che non ti interessava nient’altro. La mia sborrata fu copiosa, non mi ero masturbato per giorni in attesa del nostro incontro e spruzzai verso l’alto, me ne ricadde un po‘ sui jeans, un po‘ sulla coscia ed il resto scorreva abbondantemente sul cazzo fino ad arrivare alle palle pelose. Ci ripulimmo alla meglio, ci rivestimmo e cominciammo a baciarci. Il nostro primo incontro fu indimenticabile, quelli che seguirono altrettanto eccitanti, ma la magia del primo contatto dei nostri corpi non la dimenticherò mai.