il ritorno
Uscire da un istututo non sempre è una garanzia di
Io figlia di un Pilota americano di stanza a Vicenza e di una madre docente di storia romana, ero stata inviata a studiare presso un istituto svizzero, in pratica diventavamo donne perfette, multilingue, forbite, padrone del Etichetta, cavallerizze, tenniste, ma senza alcuna cultura di come il mondo fosse realmente.
Era finalmente finito il periodo da caserma, io e Martina figlia di un collega di mio padre, nota in istituto come Sergente Shultz vista la sua graniticità, avremmo intrapreso il ritorno verso casa, ma per quella ultima volta saremmo rientrate con un tragitto più lento turistico, fermandoci in ostelli e rifugi, così per riprenderci il gusto della vita vera.
Di sicuro non era il caso di affrontare il Trekking previsto vestite da educande, quindi subito li a Losanna ci fermammo in un negozio sportivo a comperare qualche indumento diverso da quella assurda divisa, e dopo aver affrontato gli acquisti cestinammo subito le divise.
Al primo ritrovo per giovani facemmo conoscenza con tre ragazzi che percorrevano la stessa strada più o meno. dato la nostra educazione all’inizio eravamo tutti un pochettino ingessati, noi con quel che di giovani già invecchiate, e loro tutt’altro che brillanti.
Ripartimmo comunque al mattino successivo, faceva già caldo, quindi canottierone mimetico dagli ampi spacchi sui fianchi pantaloncino sportivo sandali da scalata e via per il sentiero posso assicurarvi che il sole a picco nel bosco e l’umidità sono tutt’altro che rinfrescanti quindi i ragazzi di fronte a noi si tolsero le magliette e proseguirono con solo i pantaloncini, Woww si videro i muscoli guizzanti del torso le spalle ben formate e i polpacci tonici.
Passarono dieci minuti e per riprendere fiato Martina ed io ci fermammo un minuto mentre loro i ragazzi scomparvero inghiottiti dal fitto sottobosco. mi tolsi quei pantaloni soffocanti, insomma ero abituata a morbide gonne, e riprendemmo la strada, Il Sergente Shultz mi fece notare che la canotta, mentre camminavo, saliva ad ogni passo ed evidenziava le mutande, per minciso non lo notò solo lei ma anche i nostri accompagnatori, che ci avevano aspettato, lo capii da i loro sguardi e i sorrisi maliziosi.
Un brivido caldo mi attraversò il corpo, maschi che mi osservavano, la pancia mi tremolava.
Dovete sapere che tra l’altro quella che le altre conoscevano come sergente incorruttibile io la conoscevo molto bene, era tutt’altro che asessuata anzi dentro la corazza c’era una bomba; ma riprendiamo, mi fece notare, semmai ce ne fosse la necessità, che avevo fatto colpo, qui ancora oggi mi chiedo cosa s**tta nella testa di due adolescenti libere dal guinzaglio, con gli ormoni ribollenti.
Quindi ripresa la strada e riposti i modi da contessa L’amica di sempre cominciò a pungolarmi :
“ perché ti ostini a tenere le mutande tanto per quel che servono”;
“ Mi spieghi come fai a chiamare mutande il filo interdentale”;
“ e poi son fanno pandan con la maglia”.
Io rispondevo da par mio, mi stavo divertendo e forse speravo che i ragazzi mi sentissero finché:
“Hai proprio ragione adesso le tolgo” feci il gesto,infila le dita nello slip ma mi fermai, lei la dama del casato nobile mi guardò con quell’aria di incredulità e sfida, e con i l gesto della mano come dire, allontanati poveraccia”
Ad ogni passo mentre la canottiera saliva e io ogni dieci la riabbassavo lei continuava:
“Avanti regina delle troie fammi vedere, madame culo ribollente ci vuole deliziare dello spettacolo, allora vogliamo mettere in mostra la mercanzia,prima si espone prima si vende.
a quel punto le tolsi realmente, riabbassai la canottiera e mi portai in testa al gruppo.
Ad un primo momento i ragazzi non avevano notato nulla i ragazzi, ma ben presto la canottiera lasciò il mio culo scoperto per tre quarti, forse copriva di più lo zaino.
Sentii prima leggera paura poi eccitazione e infine benessere, e mentre proseguivo qualcosa di tiepido mi colò lungo la gamba, adoravo quella sensazione, seminiuda e ammirata.
Ero talmente rilassata che non feci nemmeno caso che dalla parte opposta del sentiero stava arrivando un gruppetto di tedeschi, donne e uomini, probabilmente sulla cinquantina, non abbassai anzi salutai con sicurezza, successivamente seppi da Martina che una delle donne del gruppo fece il segno di OK con i pollici ai ragazzi imbarazzatissimi.
Ai commenti salaci dell’amica risposi voltandomi facendo la linguaccia e il “ gne gne gne” dei bambini, e in oltre quel incontro mi aveva fatto appuntire i capezzoli.
Fortuna o sfortuna all’epoca non c’erano i cellulari in grado di fotografare.
tutto qua direte, abbiate pazienza.
Ecco arrivare la prima salita vera una ventina di metri ripidissimi in mezzo alle rocce, niente di serio, solo un pochino di arrampicata su quei gradoni.
Alle mie spalle i ragazzi, usciti leggermente dall’ingessatura fecero gli spiritosi: “Chi fa il capo cordata”.
Martina partì di slancio :“Io però mi metto libera, fu la sua lapidaria frase, tolse camicia e gonna rimanendo in reggiseno e mutande sportive.
I ragazzi non parlavano più la guardavano con la lingua a penzoloni, la brava ragazza la marchesa del bon ton era anche una donna oltre che un sergente di ferro, lei tagliente e rapida come una vipera, uscì dal personaggio Di Cuore di De Amicis con un:
“E che cazzo solo voi maschi avete il diritto di viaggiare con le tette al vento, e solo questa deve essere la star qui senza mutande”.
Mise tutto nello zainetto e partì per la scalatina. Arrivata in cima eccola buttare a terra lo zainetto alzare il reggiseno e sbattere le tette, urlando: “prima ioooooo”.
I ragazzi erano assolutamente impressionati, avevano abbordato due studentesse o due pazze. dovetti intervenire, quella su rideva, questi qui sembravano dei nani da giardino con lo sguardo da beota:
“Su dai chiudete la bocca sono solo tette”.
Ebbi la quasi certezza che da vicino ne avessero viste poche:
“Hei ragazzi sono come queste” tolsi alzai canotta e reggiseno e le feci oscillare,poi partii sempre senza mutande.
Sentivo che mi stavano guardando salire la loro prospettiva era sicuramente favorevole, e io non facevo nulla per evitare gli sguardi, arrivata in alto abbracciai l’amica e urlai ai tre di salire, visto che erano rimasti imbambolati con il naso in su.
Arrivati in cima tutti li vedemmo sudati e indecisi, sia io che Sergente Shultz, li spronammo:
“Bisogna andare ragazzi si fa sera”, e ormai che c’eravamo “Su da bravi baciate una tetta e andiamo”. Erano davvero carini così impreparati, me le toccarono e baciarono con una delicatezza infinita, così come fecero con Martina.
I nostri accompagnatori si presero anche i nostri zaini, proseguendo verso il la piccola malga che ci avrebbe ospitato io e il sergente, ridevamo come due oche camminavamo incrociando le gambe e saltellando, girando di tanto in tanto su noi stesse, ormai gli ormoni ci stavano offuscando, tanto che non trovai di meglio che sfilarmi tutto e rimanere con le sole scarpe e sventolare la canotta, poi un attimo di lucidità ci fece ragionare, eravamo senza profilattici, ma con il corpo che ci ribolliva, una pulsazione continua tra il basso ventre e il seno, nude in mezzo alla natura e con tre maschi veri non dei surrogati.
Era ormai le tre del pomeriggio e raggiungemmo il rifugio, i ragazzi erano un tantino impacciati, forse la nostra aggressività li aveva spiazzati, e non avevano il coraggio di chiedere ma il rigonfiamento sotto i pantaloncini era evidente, erano seduti sul piccolo balconcino, con le gambe a penzoloni, all’interni martina si denudò completamente, guardo fuori lontano e mi disse siamo soli, usci si portò davanti ai ragazzi, erano all’altezza giusta e uno ad uno gli estrasse l’uccello e piano comincio prima a leccargli la cappella e poi far sparire tutto nella sua bocca, era impressionante vederla ingoiare completamente 20 centimetri, ma lei era imperturbabile in quel movimento.
Ero inesperta lo giuro ma lei il sergente mi spronò: “e allora tu cominci e poi devo lavorare solo io lo saprai ben fare un pompino” mai fatto purtroppo quindi con timore prima la lingua, sentii un sapore che non conoscevo ma che mi piaceva poi iniziai a far scorrere le labbra, mi accarezzavo il clitoride, ero impegnatissima quando sentii dei baci sulle natiche, allargai leggermente e sentii una lingua calda entrare sempre più profondamente, poi un dito nello sfintere, mi irrigidii ma subito iniziai a rilassarmi, in fondo la in quel collegio era uno dei giochini che mi piaceva.
dopo dieci minuti di quel trattamento sentii le gambe vacillare e tremare, e venni per la prima volta con un maschio vero e non con un surrogato, accelerai il ritmo del pompino che stavo facendo, un fiotto caldo mi investì la bocca, era strano mi spostai sputai e guardai Martina li di fianco a me, mentre il suo maschio veniva ululando la vidi ingoiare completamente il cazzo, rimase in apnea almeno venti secondi facendolo uscire dalla sua bocca mentre già si rilassava, mi guardò e sorrise.
Io ero ancora appoggiata al ragazzo seduto quando sentii che dietro di me il terzo iniziò a infilarmelo, Mi ricordai che non avevamo profilattici ma ero eccitatissima entrò delicatissimo, poi ragionai, e gli dissi “No li no” mi guardò deluso, ma immediatamente lo rassicurai gli presi letra le mani il volto lo baciai dissi “Claudio” questo era il suo nome:
“Claudio inculami”.
A quella frase lapidaria piano piano me lo infilò mi afferro le tette e iniziai a godere, quello a cui ero appoggiata si rieccitò e ripresi il mio lavoro, fu mezz’ora di intenso piacere, Martina mi incitava, mentre anche lei veniva inculata e ripeteva:“sii dai spingiiiii …. rompimi il culo ancora vaii”. La vidi venire e gemendo di un piacere immenso
Alla faccia dell’educazione teutonica e del lessico forbito.