Disposta a tutto
La vita di un professore, almeno agli inizi, non è facile. Bisogna accontentarsi delle briciole, di situazioni a volte umilianti, pur di raggranellare punteggi e denaro. Così mi ritrovai nel 2005 in un piccolo liceo linguistico privato di Milano. Il dirigente era stato chiaro: 18 ore settimanali erano solo sulla carta, ma se volevo restare in servizio avrei dovuto farne di più, per tappare i buchi lasciati dai colleghi assenti, e naturalmente senza alcuna remunerazione. Ad un neolaureato come me non sembrava tutto sommato una soluzione malvagia. Mi ritrovai quindi in questo liceo, dove le classi erano perlopiù composte da facoltosi figli di papà, desiderosi di far ottenere ai pargoli un diploma col minimo sforzo.
Capii subito, dal giro di pacchettini e buste in sala docenti, che era prassi comune, per gli alunni che avessero qualche difficoltà, quella di oliare il sistema di voti con regali di varia natura ai docenti.
A dicembre, primo vero colloquio con i genitori, mi ritrovai di fronte una signora visibilmente preoccupata per l’andamento della figlia, che nella mia materia, inglese, vedeva la sufficienza col binocolo. A quanto sembrava anche la signora non aveva difficoltà economiche: il vestito estremamente elegante e la borsa Prada lasciavano trasparire una certa agiatezza. La donna poteva avere quarant’anni, capelli castani freschi di parrucchiera, la tipica abbronzatura 4 stagioni e una vistosa scollatura che lasciava intravedere un seno prosperoso, forse non del tutto originale.
– Professore, sono preoccupata per Sonia, studia studia ma non riesce ad avere risultati nella sua materia. Nelle altre se la cava …
– Signora, si tratta solo di impegnarsi di più. La ragazza è molto intelligente. Dovrebbe tenerci ad una materia che in un liceo linguistico è fondamentale.
La ragazza in questione Sonia, era nota, in classe e non solo, per essere stata in grado sin dal suo arrivo al liceo, di far girare la testa a ragazzi e professori, ed essere così riuscita ad ottenere una sufficienza stiracchiata praticamente in qualsiasi materia, essendo curiosamente il corpo docenti di quella classe quasi del tutto maschile. Un collaboratore scolastico mi aveva riferito una voce secondo cui l’anno precedente la ragazza sarebbe stata sorpresa dal dirigente scolastico nel bagno dei professori a cimentarsi in una fellatio ad un professore. Un fatto, sempre secondo lo stesso collaboratore, messo a tacere dalla famiglia della ragazza grazie ad una discreta somma.
– Allora professore, non vorrà mica che Sonia venga bocciata l’anno degli esami? Le sarei molto grata se potesse aiutarla, sarei davvero disposta a tutto …
Nel frattempo la signora aveva poggiato la mano sulla mia destra, che prendeva appunti, e cominciava ad accarezzare con l’indice la penna.
– Ci pensi professore, ci pensi …
– Signora, sono sicuro che sua figlia saprà darsi da fare per ottenere risultati …
La congedai così, e la questione sembrava chiusa.
Interrogai la figlia un paio di giorni dopo, ma la lezione non era servita a nulla. La solita pietosa scena muta. Al suono della ricreazione, tutti i ragazzi erano usciti a prendere una boccata d’aria nel cortiletto interno di fronte alla classe. Solo Sonia era rimasta dentro, e dopo qualche esitazione si avvicinò alla mia cattedra, mentre ero intento a trascrivere i voti.
– Mi dispiace professore, ho avuto un vuoto mentale, sapevo tutto così bene ieri …
– Sonia, ho già detto a tua madre che devi darti da fare …
– Sì, lo so, me l’ha detto mamma …
A queste parole una sua mano si insinua sotto la cattedra e comincia ad accarezzarmi
– Va bene così professore?
– Sonia, togli immediatamente la mano e farò finta di niente
– Professore, però sento che le piace …
Non potevo negare, lo strofinio della sua mano sulla mia patta mi aveva provocato un’erezione imbarazzante, e la ragazzina ormai esperta di questi approcci se n’era accorta benissimo. La ragazza poi aveva avvicinato il seno alla mia faccia, e mentre con una mano continuava nel suo strusciare, con l’altra mi aveva tolto la penna di meno e se l’era infilata tra le tette.
– Forza professore, prenda la sua penna, non vorrà mica che rimanga lì in bella vista?
– Adesso basta!
Con un gesto violento le scansai la mano, facendole sbattere però il polso contro il bordo della cattedra. Il colpo causò subito un livido, che la ragazzina notò. Cominciò allora a leccarsi il polso guardandomi negli occhi:
– Professore, per questo potrei fargliela pagare, non si fa così …
Tornai a casa molto turbato per l’accaduto, temendo una reazione da parte dei genitori. Immaginavo non fossero persone da mani addosso, ma peggio, da avvocati alla minima questione. Peraltro mi attendeva il giorno dopo una giornata molto lunga, che sarebbe terminata con l’ultimo consiglio di classe alle otto di sera.
Il giorno dopo, alle tre, cominciammo con la prima E la routine dei consigli di quella sezione. Fucesi, docente di francese della stessa sezione si avvicinò subito a me. Era prossimo alla pensione, almeno sembrava, e di aspetto tutt’altro che affascinante.
– Luca, mi ha detto la Sonia di quinta E che ieri le hai messo le mani addosso.
– Non diciamo fesserie, è stato un incidente.
– Mah, comunque me l’ha detto il perché dell’incidente.
Ero diventato paonazzo, e non sapevo dove guardare.
– Luca, posso darti un consiglio? Se vuoi stare qui, fatti i cazzi tuoi, vivi sereno, e goditela! L’anno scorso la ragazza andava male con me, poi con un po‘ di orale ha sistemato tutto …
– Orale?
– Sì, ci siamo messi d’accordo, ogni venerdì, alla fine della quinta ora, mi raggiungeva nel bagno dei professori e mi faceva un pompino … ha solo diciott’anni ma come lo succhia … e ingoia tutto …
– Ma che stai dicendo?
– Fai anche tu così, vedrai che soddisfazioni ti darà questa scuola …
Fortunatamente l’arrivo del dirigente scolastico troncò la conversazione.
L’ultimo consiglio, in programma dalle sette alle otto, era proprio quello di quinta. La scuola in quel periodo ospitava nel tardo pomeriggio le prove dei gruppi musicali scolastici, rimanendo quindi aperta anche fino a sera. Alle otto in punto il dirigente ci congedò, e mi avviai nello stanzino dove alcuni di noi avevano gli armadietti per i registri. Sentivo dei rumori di tacchi dietro di me, ma non mi voltai, pensando ad una delle colleghe intenta come me a lasciare i registri. Lasciati i registri, dopo cinque ore seduto era il caso di andare alla toilette, e mi recai lì a passo svelto. Superai la prima porta del bagno dei docenti, per infilarmi poi in quello degli uomini.
– Professore?
Sentii una voce provenire dalla zona comune del bagno, mentre le ultime gocce cadevano di fronte a me.
– Chi è?
– Sono la mamma di Sonia
Cercai di risistemarmi subito, e uscii in tutta fretta.
– Signora, che ci fa qui?
Non feci in tempo a varcare la soglia del bagno maschile che la signora mi spintonò di nuovo dentro. In un attimo mi cacciò la lingua in gola, mentre con la mano frugava freneticamente in cerca del mio uccello.
– Adesso stai zitto e fammi fare.
Seduta sul cesso, dalla patta aperta mi tirò fuori l’uccello. Noncurante della pisciata appena fatta, prese a succhiarlo voracemente. La lingua si infilava in ogni piega del glande e le labbra poi completavano l’opera, prendendolo in bocca fino alle palle.
– Hai appena pisciato vero? Meglio, mi piace quando un cazzo sa di uomo
Non smetteva un attimo, e pompava con quella bocca che sembrava indemoniata. Dalle contrazioni muscolari aveva capito che ero al capolinea. Cercai così di toglierlo dalla sua bocca.
– Che fai coglione? Stai buono …
A quel punto affondo completamente con la bocca e a quel gesto le venni direttamente in gola, senza neanche passare per la bocca. La signora però non voleva lasciare niente di incompiuto, e con la lingua ripulì la cappella da ogni traccia di sperma. Quindi si alzò e mi baciò con la stessa foga del pompino, mentre la mano toccava il cazzo che per l’eccitazione stava tornando di nuovo duro.
– Ve bene così professore?
Mi guardò negli occhi e uscì dal bagno lasciandomi così.
Il giorno dopo tornai a scuola, e trovai Sonia ad attendermi sull’uscio della classe. Mi si parò davanti mentre cercavo di entrare. Eravamo petto contro petto. Mi guardò con un sorrisetto e mi disse:
– Professore, mia madre è di parola. Le aveva detto di essere disposta a tutto …