Ci vorrebbe proprio! 1
Ho appena finito di parlare al telefono con la mia migliore amica, e sento che oggi avrei proprio bisogno di lei. E‘ un angelo sceso in terra: piccola di statura, una testa dai mille boccoli dorati ed un paio di occhioni verde-blu profondi e teneri, incorniciati da un volto chiaro e dolce nei lineamenti. Non siamo mai stati insieme, pur avendo condiviso ogni cosa che sia condivisibile, persino il letto (castamente). Ma una cosa so per certo: quando si tratta di sesso diventa un demonio. Come faccio a saperlo? Questa è una lunga storia…
Una mattina di Luglio mentre, come sempre, studiavo alla mia scrivania l’ennesimo esamone da portare a Settembre, d’improvviso squillò il telefono ed era lei, Ela, la mia migliore amica. Mi telefonava per aggiornarmi sulle sue peripezie amorose: in sostanza, aveva piantato l’ennesimo ragazzo. Mentre parlava di quello che l’aveva fatta incazzare per cui era giunta all’estrema decisione la interrompo chiedendole se avessimo potuto rinviare quella conversazione alla sera stessa, così io avrei potuto terminare il mio lavoro, nonché lei avrebbe potuto parlare più tranquillamente dei dettagli, dato che saremmo stati vis-à-vis. Quella sera, presa la macchina, passo da casa sua; lei esce, indossa un mini-tubino nero senza spalline, che faticava vistosamente a contenere le sue tette enormi, ed un paio di scarpe con un tacco stratosferico.
Non mi lascia nemmeno chiederle il perché di quella mise:
„Non dirmi nulla, ma stasera è serata di pazzie!“;
„In realtà stavo solo per dirti che sei uno schianto…“ le rispondo, sentendomi preso in contropiede;
„Grazie amore! sei sempre un tesoro quando ne ho bisogno.“
Io dentro di me festeggio il salvataggio in calcio d’angolo, poi le chiedo dove andare e lei mi dice, come già immaginavo in realtà, di andare al nostro bar: un locale in stile caraibico, con i tavolini all’aperto, dove servono dei cocktail divini, ma fornito anche di tante altre varietà di prelibatezze, tanto da bere quanto da mangiare. Arrivati lì, mi spiegò tutto l’accaduto mentre mandavamo giù un aperi-cena, debitamente innaffiato da dell’ottimo vino bianco.
Terminato il racconto – e la bottiglia – alzandosi dal tavolo e roteando in mezzo al grande marciapiede dov’erano i tavolini, con lo sguardo rivolto verso il cielo e con le braccia completamente spalancate, mi dice:
„Stasera me ne sbatto di quello stronzo, voglio passare la notte più bella della mia vita e voglio fare stronzate con te.“ mi urla; questa frase, detta così, nulla diceva, se non che ci saremmo messi di nuovo nei casini, come la notte che entrammo nell’ospedale in costruzione, ma questa è un’altra storia. Allora cerco di convincerla a fare un giretto lì in paese ed andare a casa a dormire, ma lei continua imperterrita:
„Andare a casa? Non se ne parla proprio, noi, ora, ci ficchiamo in quel catorcio che tu chiami macchina e scendiamo al mare.“;
„OK! Andiamo!“ le risposi e questo la lasciò molto interdetta perché, nella mia cerchia di amici, ho la fama di essere quello con la testa sulle spalle, che difficilmente si mette in situazioni imbarazzanti. La mia risposta azzardata la colpì, ma questa è una cosa che mi disse dopo.
Ci infiliamo in macchina, metto una playlist degli AC/DC e andiamo verso il mare.Chi mi conosce, sa che adoro fare la strada che porta al mare: una statale a doppio senso piena di curve e tornanti, che termina con un lungo rettilineo di dieci chilometri, che la sera si svuota completamente da ogni forma di traffico, diventando una pista a tutti gli effetti; inoltre, cosa potrebbe essere meglio, di farla con il piede pesante, in una macchina discretamente potente e una bella ragazza al mio fianco? Ero al settimo cielo!
Quello che non sapevo io, è che la stessa identica cosa eccitava (ed eccita tutt’ora) anche lei. Impieghiamo 15 minuti quando, normalmente, ce ne vorrebbero 30, la musica hard-rock che rimbomba ad alto volume, il vento che ci schiaffeggia da tutti i lati e scompiglia i suoi capelli sciolti. Era come in un film degli anni ’80 ed io lo stavo vivendo con la persona più importante della mia vita.
Arrivati giù al mare, prima di entrare in uno dei paesi della litoranea, mi dice di girare in una traversa, perché vuole fare il bagno, ma è senza costume e non vuole farsi vedere. Così scendiamo dalla macchina e andiamo sulla spiaggia. Per fortuna era una notte con la luna piena e potevamo vedere tutto. Lei si avvicina alla battigia e si toglie il tubino. In quel momento scopro che non indossa nulla sotto il vestito.
„Che aspetti?“ mi dice „Vuoi lasciarmi tutta sola in balìa delle onde e dei pesci?“;
„Arrivo! Arrivo!“ le dico con tono scocciato spogliandomi, ma il mio tono era solo una bassa manovra di dissimulazione del mio stato d’animo: ero eccitatissimo, e la cosa era molto palese.
Allora cerco di sfruttare l’oscurità, una corsa verso la tiepida acqua notturna ed una quanto mai opportuna sua immersione, per celare il chiaro segno della mia eccitazione esembra che la cosa abbia funzionato. Giochiamo in acqua per un po‘, e lì diventa molto difficile tenere un certo contegno, perché tra le tette che sobbalzano, gli abbracci ed i bacini sul collo e sulle spalle, il mio cazzo comincia a scalpitare. Ma non voglio darle la soddisfazione di cedere alle sue tentazioni, perché sapevo che lei ama stuzzicare, ma niente di più. Siamo ancora in acqua, quando ad un certo punto mi afferra da dietro e mi da un morso sul collo.
„Ma sei scema?“ le urlai;
„No! Un vampiro!“ e si immerge;
Nell’acqua scura non riesco più a vederla, ma sento che qualcosa mi afferra il cazzo e una coscia: è lei!
Spreme con la mano le palle ed il cazzo con sapiente foga, una sola volta, ma è più che sufficiente per farlo diventare barzotto; poi passa sull’asta con la mano, mentre riemerge per prendere aria. Il mio palo di carne, ormai, svetta prepotente in tutta la sua virilità, la cappella è bella gonfia e liscia. Lei senza dire nulla lo mette tra le tette ed inizia a muoverle su e giù.
„Vedo che ti piacciono le mie tette, eh?!“ mi fa con una faccia da porca che non le avevo mai visto;
„Be‘, di certo non le rimando indietro…“ le rispondo in mezzo ai denti, abbozzando un sorriso malizioso e godurioso;
„Se pensi che debbano smettere di fare quello che stanno facendo, non devi che chiedere.“ mi provoca aumentando un po‘ il ritmo dei colpi;
„Non lo so, credo che ci penserò un altro po‘, prima di decidere.“ glisso sulla risposta, mentre lei non accenna minimamente a smettere, anzi rincara la dose;
„Allora? Che devo fare? Smetto?“ incalza;
„Se solo ti azzardi a farlo, giuro che non rispondo di me!“ la minaccio;
„Che paura! Allora devo continuare per forza.“ mi stuzzica con aria fintamente impaurita „anzi, farò di meglio, tanto per stare più sicura.“ e mi strizza l’occhio, lasciando le grosse e morbide tette naturali dai capezzoli rosa.
Mi spinge dove l’acqua è più bassa, e mi fa sdraiare, scivola su di me partendo dalle gambe verso la testa, strisciando, ancora una volta, i suoi meloni gonfi sulla mia asta in pieno tiro e arriva con la bocca alla mia e mi da un bacio alla francese, di quelli che non davo da quando avevo gli ormoni alle stelle a quindici anni; le lingue si intrecciano fuori dalle nostre bocche, si stuzzicano sulle punte e si intrecciano di nuovo. Ad un certo punto, leccandomi dal labbro inferiore sino all’ombelico, scende con la testa sul mio cazzo che, non so come, ancora non era esploso.
A quel punto si dedica alla cappella la lecca, la succhia e la bagna con quanta più saliva possibile.
„Lo stai bramando, eh?!“ mi dice, guardandomi dritto negli occhi da quella posizione, con aria di chi ha il pieno controllo della situazione;
„Che cosa?“ le chiedo, mentre incrocio le mani dietro la mia nuca prendendo un’aria spavalda, nonché un ghigno beffardo e menefreghista;
„Lo sai bene, brutto stronzo!“ ma sempre con voce dolce e suadente, che strideva con le parole, mentre riprende a succhiare; io, intanto, mi abbandono a quel ritmo ancestrale, al suo salire e scendere, al risucchio sulla cappella, alla sua lingua abile nel toccare i punti più sensibili al momento giusto, al sentire colare, sui lati dell’asta, la saliva che lascia cadere incurante, alla sensazione della mano che tende la pelle dell’asta e poi si sposta a massaggiare le palle.
„Ah, intendevi questo?“ le chiedo sarcasticamente, con la voce rotta dal piacere;
„No! Mi riferivo al succhiarti la sborra fuori dalle palle, come il latte da un bicchiere con la cannuccia!“ mi risponde continuando a segarmi e con un’aria da troia che non le avrei mai immaginato addosso; al sentir quelle parole, il mio cazzo, per l’eccitazione, ha un guizzo e di colpo lo sento pronto ad esplodere.
„Sto venendo…“ le dico mettendole le mani dietro la nuca, ma senza forzare: mi piace che conduca lei il gioco;
„Sto aspettando!“ mi dice alzando la testa di nuovo per un attimo;
„Vengo! Sto sborrando! Sborro! Sborro! Eccola!“ le urlo, ma lei non si scompone, inclina la testa per guardarmi negli occhi, apre la bocca, mi sega con un mano mentre con l’altra strizza le palle con dolcezza e con la lingua gioca con il frenulo: la inondo.
“Eccoti la sborra! Leccala tutta! Devi berla! Ora!” continuo ad urlare in preda agli spasmi dell’orgasmo.
Butto fuori un litro di sborra, che lei raccoglie prontamente in bocca. Continuando a segarmi lentamente, si avvicina al mio volto, mi guarda dritto negli occhi, mi mostra la sborra che impiastriccia tutto il palato e poi la ingoia in un solo colpo, riaprendo subito la bocca pulita, per farmi vedere quanto è stata brava, poi torna a pulire per bene il cazzo dalle ultime gocce, mi guarda di nuovo negli occhi e mi dice: „Mi piace!“ [Continua…]