Una donna stupenda
UNA DONNA STUPENDA
Il tutto accadde un po di tempo fa. Era il 1991 e da poco ero andato a dirigere un nuovo ufficio. Fra i dipendenti c’era una donna bellissima, alta quanto me, sono 1,80m, bionda, perfetta. La sua bellezza mi metteva soggezione tanto che non osavo nemmeno pensare che potesse interessarsi a me, era corteggiata da tutti ma tutti non approdavano a nulla. Notai che veniva spesso a sottopormi delle pratiche, ma interpretai la cosa come normale amministrazione era lontanissimo da me il pensiero che la cosa potesse avere un altro fine.
A novembre del 1991 ci fu il censimento della popolazione, mi fu dato il compito di dirigere l’ufficio a ciò addetto lasciandomi libero di scegliere i collaboratori. Lei si offri volontaria, la cosa mi sorprese perché il lavoro era impegnativo e non eccessivamente remunerato, ma come al solito non ci feci caso, la vedevo eccessivamente bella per me.
Una sera, verso le nove, eravamo ancora in ufficio quando lei si avvicinò a me con aria civettuola e mi disse:
– Dottore non è che mi può accompagnare a casa sono senza macchina
-Che problema c’è, anzi se vuoi andiamo via subito io non ce la faccio più, tanto gli altri hanno quasi finito.
Ci mettemmo in macchina e mi avvia in direzione di casa sua quando mi fa.
-Guardi che mio marito non mi aspetta prima delle 10 perché non andiamo a prendere un caffè.
La cosa non mi parve vera girai la macchina e mi avvia verso un bar che si trovava in una zona della città abbastanza isolata, poco prima del bar lei mi chiese di fermarmi su una piazzola dove generalmente si fermavano le coppiette. Mi fermai mentre la testa mi scoppiava, non sapevo cosa pensare e cosa fare, ma non arrivai nemmeno a spegnere il motore.
-Dottore ma lo sai che sei proprio scemo, sono due mesi che ti giro intorno e tu manco mi guardi eppure credo di non essere inguardabile
Balbettai un – signora, ma veramente io
-ho capito sei proprio scemo accompagnami a casa.
La cosa fu detta con un tono talmente perentorio che non osai contraddirla, misi in moto la macchina e guidai fino a casa sua in un silenzio irreale. Appena arrivati scese quasi di corsa salutandomi a stento con un – ciao scemo.
Il giorno dopo in ufficio cercai di non incontrarla, mi sentivi veramente scemo ed imbranato, mi chiusi nella mia stanza e ne uscii solo quando tutti erano andati via.
La cosa durò per qualche giorno finchè un sabato mattina mi arrivò una telefonata sul cellulare, erano appena usciti e all’epoca non appariva nemmeno il numero.
-Buon giorno dottore sono …… ha da fare?
-No veramente sono in giro da solo per alcune cose, perché?
-No se le fa piacere ci possiamo prendere quel caffè che non prendemmo l’altra sera.
Mi feci dire dove era e in pochi minuti la raggiunsi con la macchina, lei salì e io mi avvia verso lo stesso bar di quella sera.
-Signora come mai questa sorpresa?
-Ho deciso di farti un regalo.
Il fatto che mi dava il tu come quella sera quando ci davamo sempre del lei mi mise in agitazione.
-Che regalo?
-Lo saprai al momento giusto, rifermati nello stesso posto dell’altra sera.
Arrivato sul posto fermai la macchina e con mia sorpresa vidi che non c’era nessuna altra macchina ferma. Mi girai verso di lei e vidi che mi fissava con i suoi occhi bellissimi color del mare, era stupenda.
-Allora lo vuoi questo regalo?
-Certo di cosa si tratta?
Non finii nemmeno di dirlo che lei si sfilo un giubbino che aveva indosso se lo mise sulla testa e si fiondò con la testa sul mio cazzo, mi apri la cerniera e tiratolo fuori inizio a farmi un pompino da favola. Aveva una tecnica stupenda non lo scappellò ma infilò la lingua fra la pelle e il glande facendola roteare lentamente, poi alzò la testa e mi fa – Questo si chiama ventosa e non lo faccio nemmeno a mio marito. Poi riprese l’operazione lo scappellò e incomincio a succhiarlo dolcemente ma con passione, alternava la “ventosa” con il succhiare. Quando sentii che stavo per arrivare tirai da tasca il fazzoletto convinto che non mi avrebbe fatto arrivare in bocca, ero abituato ai pompini di mia moglie, lei si accorse della cosa, alzò la testa mi fulminò con uno sguardo si rituffò sul cazzo mentre io gli sborravo in bocca. Bevve fino all’ultima goccia, poi lentamente alzò la testa mi guardò e:
-Era un poco amaro, è parecchio che non scopi di la verità, comunque la prossima volta il regalo lo fai tu a me perché lo voglio nella fica.