Il sogno
Mi chiamo Massimo, ho 30 anni, sono alto, biondo, carico per non dire bello, single e benestante. In poche parole non dovrei lamentarmi e invece … sono seduto nella sala d’attesa della psicologa in attesa di essere ricevuto. Ultimamente ero ossessionato dal sesso e dopo averci pensato e ripensato più volte ho deciso di rivolgermi ad un professionista. Non sapendo da andare scelsi sulle pagine gialle quello più distante dal luogo dove abito senza capire però che si trattava di una psicologa, Luciana.
Non vi dirò l’imbarazzo che ho provato nei primi minuti quando ero più che tentato di scappare né quando fo parlato, o meglio ancora ho provato a parlare, per la prima volta ottenendo come unico risultato una specie di sibilo e nient’altro. Fu però a causa di ciò che ho capito di aver trovato la persona giusta. Stupidamente, non essendo mai stato da un psicologo, mi aspettavo commenti o battutine su quell’inizio mentre lei rimase in silenzio. Superato quel momento mi sono presentato facendole poi un quadro del problemi che mi aveva indotto a rivolgermi ad un psicologo.
Ed ora sono ormai quattro mesi che settimanalmente vengo per sfogarmi con quella che penso sia l’unica persona in grado di capirmi o meglio ancora quella che mi ascolta in silenzio senza interrompermi. Ogni tanto mi chiede di approfondire qualche pensiero o osservazione altrimenti rimane seduta su quella poltrona usurata dal tempo prendendo appunti.
Luciana è una donna di circa 35 anni, bassotta e cicciottella, capelli neri, una terza abbondante di seno, vestita sempre di nero con gonne lunghe.
“E’ in lutto o spera che il nero la faccia sembrare più magra? “ mi sono chiesto più volte
Sono guarito dall’originale ossessione del sesso o meglio è cambiata. Guardare ora le donne passeggiare per le strade non mi fa più nessun effetto e posso anche andare tranquillamente al mare con la certezza che la vista di tutte quelle ragazze in bikini o topless non mi turba più.
Quello che ora sconvolge la mia vita è un sogno; il seguente:
Sono vestito elegantemente in una grande stanza, si sente in sottofondo una musica sconosciuta, la luce è bassa, cupa, al centro ci sono delle strutture metalliche, uno strano cavalletto alto, un palo bloccato a terra e che scende dal soffitto, una croce fatta a ics larga. Su ogni struttura si vedono manette e ganci e dal soffitto pendono diverse catene e corde. C’è poi un mobile, anch’esso metallico tipo banco da lavoro, su cui si intravedono fruste ed altri oggetti erotici. Sono fermo ed aspetto.
Sono tante le domande che mi faccio ma ce ne sono due che mi tormentano: cosa faccio lì e cosa sto aspettando e Luciana mi sta aiutando a trovare queste risposte.
Alla fine dell’ultima seduta mi aveva detto
“Massimo dobbiamo sposare l’orario degli appuntamenti. Puoi venire alle 18.00?”
“va bene, non ci sono problemi” e così eccomi qui in leggero anticipo seduto su questo scomodo divano in attesa di essere ricevuto.
“Massimo scusa l’attesa ma ho ricevuto una telefonata” mi dice facendomi entrare. Ho la sensazione che ci sia qualcosa di nuovo nello studio ma non riesco a capire cosa sia. Forse è solamente il fatto che fuori è buio mentre le altre volte era giorno. Comunque mi sdraio sul lettino ed inizio a parlare
“Il sogno continua a perseguitarmi. Proprio questa notte però c’è stato un cambiamento. Alla fine ho sentito per la prima volta un rumore. Un ticchettio, come dei passi che si avvicinavano. Mi sono girato verso quel rumore. Ho visto una porta aprirsi ma poi … è suonata la sveglia.”
“bene vuol dire che la prima risposta è alla portata di mano. Hai detto che hai sentito un ticchettio?”
Quando la vedo prendere degli appunti capisco cosa c’è di nuovo in questa stanza. Luciana è vestita in modo diverso. Porta una gonna che le arriva sopra il ginocchio (sempre nera), calze nere e una maglietta rosa. Questo mi fa felice perché significa che non è in lutto.
“così mi sembrava. Forse erano dei passi. In fin dei conti quella porta si stava aprendo” le rispondo
“bene. Ora però non ti innervosire se questa notte non sogni il resto. Dimmi è successo qualcosa di nuovo questa settimana? Hai fatto nuove amicizie?”
“no è tutto come prima”
“eppure qualcosa deve essere successo, ce lo dice il cambiamento nel sogno”
“sinceramente non mi viene in mente nulla”
“ok. Ci vediamo tra una settimana.”
Per quasi tutta la settimana dormii bene senza fare sogni particolari. Questo fino alla sera precedente l’appuntamento con Luciana. Non mi sentivo bene, avevo qualche linea di febbre e questo sicuramente stimolò il mio riposo e di conseguenza il sogno.
“allora Massimo dal tuo comportamento capisco che c’è qualcosa di nuovo, raccontami”
“La stanza era la stessa, come pure tutto il resto, sento quasi subito il rumore dei tacchi, la porta si apre con un lugubre scricchiolio e intravedo lei. Una donna che cammina a tentoni su delle scarpe con tacchi a spillo alti almeno 15 cm. Solo quando entra nel cono di luce noto che è bendata. Un sorriso ghignoso appare sul mio viso. Lei continua ad avanzare sbandando più volte a destra e a manca anche per la poca abitudine a portare i tacchi così alti. Più volte perde l’equilibrio ed io rimango sempre lì fermo nel centro della stanza a godermi questo insolito spettacolo. Non capisco cosa ci sia di seducente in quello che vedo ma sono molto eccitato.
Sento il suo respiro farsi sempre più veloce. Continua a camminare fino a quando, dopo un grido di dolore, cade malamente a faccia avanti. Ha preso una storta. Si contorce sul pavimento dal dolore.
“alzati” le dico con una voce ferma ed imperativa.
“dove sei” mi chiede piagnucolando mentre con notevole difficoltà si alza e si avvia claudicante verso di me
“ferma” le induco e subito lei si ferma cercando di spostare il peso sulla gamba sana.
“dritta” vedo dal suo viso la sofferenza che prova nel rimanere in questa posizione ma lo fa automaticamente.
Mi avvio verso di lei e per alcuni minuti le giro intorno, con calma, guardandola bene per la prima volta. E’ vestita tutta di nero. Gonna, maglietta, calze, anche la collana è nera. Solamente la benda è colorata. Rosa per la precisione. Lei resta sempre ferma mentre i miei passaggi si fanno sempre più stretti.
“levati la gonna” lo fa con non poca difficoltà gemendo per il dolore alla caviglia
“silenzio” urlo a poca distanza dalle sue orecchie. Una goccia di sudore le scende lungo il collo insinuandosi pian piano nel decolté.
La gonna scende lungo le gambe mostrando un tanga nero e le calze autoreggenti. Le natiche, liberate dalla stretta della gonna, prendono la loro forma naturale. Sono grandi.
“non ti vergogni ad andare in giro così. Sei ridicola con quel tanga infilato in mezzo a questi due cocomeri” le dico sottolineando quest’ultima parola con una sonora sculacciata su ciascuna chiappa.
Non se le aspettava. Accusa gemendo sia gli schiaffi che l’insulto. Una lacrima scende da una guancia.
“Dovrai essere punita per questo” le dico mentre la prendo per i capelli portandola verso il cavalletto. Ogni passo è un gemito.
“spogliati ma lascia le scarpe e le calze” Il suo seno che sembrava così bello si allunga subito dopo che viene liberato dal reggiseno
Un ghigno si forma sulla mia bocca quando dico “Di bene in meglio” pizzicandole i seni. Altro gemito. Prendo il frustino semirigido con punta piatta. Lo muovo sferzando l’aria. Al suo sibilo la vedo irrigidirsi. Inizia a tremare.
“riconosci il rumore?”
“sì” risponde cominciando a frignare
“lo supponevo. Ne devi aver un buon ricordo” e scoppio a ridere in modo sadico
Appoggio la punta del frustino su un seno e comincio a muoverlo con leggerezza, sfiorandola quasi, disegnando dei ghirigori sempre più ampi. La pelle è tutta un brivido. Scendo verso il basso gustandomi la smorfia di piacere che si forma sulle sue labbra. Mi fermo. Mi fermo e trascino una scaletta a due gradini accanto a lei. Un singhiozzo mi fa capire che sa cosa le capiterà, almeno così si illude. Ubbidiente ci sale sopra avanzando con cautela fino a quando non entra in contatto con il cuoio che ricopre la parte alta del cavalletto. Prendo le manette che blocco sia sulle caviglie che ai polsi. Il suo tremolio aumenta quando chiudo quella sulla caviglia slogata.
“allungati” le ordino. Ora è a 90°. Blocco le manette dei polsi sui piedi anteriori del cavalletto che scendono parallelamente. La parte posteriore del cavalletto è diversa da quella anteriore. Qui le zampe del cavalletto si allargano in modo che le gambe siano aperte mettendo in mostra sia la fica che il culo. Guido quindi ciascuna gamba sulle zampe del cavalletto. Ora i suoi piedi rimangono sollevati da terra. La forza di gravità la fa scendere leggermente allargandole ancora di più le gambe fino a quando le manette sui polsi la bloccano. Urla. Sarà per il dolore che prova sulle braccia distese che reggono il suo peso, per le gambe oscenamente aperte o per la paura?
struscio il frustino su una natica dall’esterno verso l’interno avvicinandomi sempre di più alla fica esposta. Un veloce passaggio e subito sono sull’altra natica. Freme ogni volta che mi avvicino alle sua intimità esposte
“Zac” Di colpo faccio partire una sferzata che disegna una striscia rossa sulla natica colpita.
Il suo ansimare viene interrotto dall’urlo che esce dalle sue labbra quando sente la staffilata arrivare e colpire.
Riprendo il gioco partendo ora dall’altezza del ginocchio salendo con studiata lentezza. Non ho fretta. Più mi avvicino e più trema immaginando quale sarà la fine di questa corsa.
Le sfioro il clitoride, passo sulla fica, sul buco del culo, riscendo sulla fica e “zac” parte la seconda sferzata che colpisce lo stesso punto della precedente.
L’urlo che ne segue è ancora più forte e prolungato. Rimane quasi senza fiato. Attendo che il dolore si plachi, giusto pochi secondi, e poi “zac, zac, zac” colpisco le cosce della stessa gamba avvicinandomi sempre di più alla fica. I lamenti e il pianto dirotto si espandono nella stanza. La mia eccitazione aumenta ancor di più. Il risalto dei segni lasciati sul suo corpo formano quella che può sembrare un ideogramma. Il rossore della gamba contrasta il biancore dell’altra. Vado verso la parte anteriore del cavalletto e la libero dalla benda. I
suoi bellissimi e lucidi occhi hanno un colore blu intenso e ……. Mi sono svegliato.
“Hai riconosciuto il volto, la conosci questa persona?” mi chiede Luciana parlando per la prima volta
“No. Di lei mi ricordo solamente gli occhi ed il corpo” le rispondo. Per la prima volta noto in lei un rossore, come se fosse in imbarazzo, mentre mi parla. Si deve esserle slacciato un bottone perché prima non avevo notato il suo decolté. Si intravede il reggiseno nero e mi sbaglio o si intravedono i segni dei capezzoli induriti sulla camicetta rossa?
“Nientr’altro?”
“solo quel sogno ancora più strano. Mi dovevi vedere quanto ero diverso e … uhm … eccitato”
“L’ho visto” mi dice sorridendo “lo eri anche mentre raccontavi”
“scusami”
“non ti preoccupare, non sei il solo a cui capita. Molte altre persone si eccitano quando sono qui” mi risponde
“comunque per ora basta così. E’ tardi. Stai tranquillo e ci vediamo tra una settimana” mi dice mentre si alza dalla poltrona.
Guardo l’orologio e vedo che sono più di 2 ore che sono qui. Per fortuna ero l’ultimo.
“scusami per l’ora” le dico mentre usciamo dallo studio. “per farmi perdonare ti posso offrire una cena?”
“ti ringrazio dell’invito ma non posso. L’etica professionale non me lo permette.”
Mentre scendiamo con l’ascensore sento il suo inebriante profumo di donna, la vedo parlare ma non la sento, ho come le orecchie ovattate, la testa mi gira e … tutto diventa buio.
Quando riprendo i sensi sono di nuovo disteso sul lettino dello studio. Sento in lontananza una voce che parla, la sento sempre più forte e chiara. Finalmente riapro gli occhi. La luce mi acceca ma riconosco la silhouette di Luciana.
“cosa mi è successo?”
“Hai perso i sensi, forse dalla fame. Ora aspetta un po’ prima di provare ad alzarti altrimenti potrebbe succedere di nuovo. Non ho fretta”
“ma fame si” le rispondo sorridendo
“insomma. Non sono ai tuoi livelli ma ci sono vicino”
Senti. Lascia perdere l’etica e vieni a cena con me. Oltretutto sei quasi obbligata, potrei svenire lungo la strada o peggio mentre guido”
La vedo indecisa, di nuovo appare quel rossore che avevo notato precedentemente, poi finalmente mi risponde
“Ok. Ma ciascuno paga per conto suo altrimenti non vengo”
“va bene. Non insisto.”
Dopo una mezz’ora siamo seduti al tavolo di un ristorante che si trova vicino al palazzo dello studio. Siamo entrambi imbarazzati. Io non so di cosa parlare e lei aspetta il mio primo passo.
“Luciana, scusa ma in questo momento mi sento spaesato. Vorrei parlare con te ma mi sento bloccato, non so da dove cominciare.”
“questo è il motivo per cui non volevo venire a cena con te. Certo non possiamo parlare di me, è assurdo che un mio paziente mi conosca al di fuori della mia professione come non possiamo parlare del tuo problema visto che so tutto del tuo sogno.”
“hai ragione. Parliamo di sport? Politica? Di tempo no, ti prego!”
Le sue labbra si allargano in un sorriso malcelato e poi finalmente si aprono in una allegra risata. Rotto il ghiaccio parliamo del più e del meno per tutta la cena come due “amici” che non si vedono da tanto tempo senza però mai sfiorare le sfere personali.
Ritornato a casa accendo la televisione per vedere l’ultimo TG e poi mi addormento.
“Questa è la segreteria telefonica della Dott.sa XXXXXX. Lasciate un messaggio e sarete richiamati”
“Ciao Luciana …. Uhm … Buongiorno dottoressa sono Massimo. Scusate se ho chiamato ma ho bisogno di vederla. Il sogno è ritornato e sono … Guardate sto tremando al solo pensarci. Mi faccia venire, la prego, in qualunque orario. Mi sono preso un giorno di permesso per quanto sono stravolto. Mi richiami per favore.”
Erano le 6.30 quando ho lasciato questo messaggio sulla segreteria telefonica di Luciana. Ora sono le 11.00 ed ancora non ho ricevuto notizie da lei. Mi alzo per prepararmi l’ennesima camomilla, dicono che aiuti a calmarsi ma su di me per ora non ha fatto effetto, quando squilla il cellulare
“Pronto?”
“ciao Massimo sono Luciana, la dottoressa XXXXXX. Ho appena ascoltato il tuo messaggio. La mia giornata è tutta impegnata. Ci possiamo incontrare alle … fammi vedere … alle 19.00.”
“mi dispiace ma ne ho veramente bisogno. Grazie e a questa sera”
Lei mi sembrava scocciata. Certo con un messaggio così è stata obbligata a darmi l’appuntamento ma sono veramente preoccupato. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno.
Finalmente sono sdraiato sul lettino dello studio. Sono agitato.
“Massimo fai un bel respiro, calmati un momento. Ora sei qui. Siamo soli. Hai mangiato?”
“un pezzo di pizza, ma controvoglia. Ho lo stomaco chiuso”
“calmati. Anche io ho mangiato. Possiamo rimanere tutto il tempo che vuoi”
respiro profondamente e riesco a calmarmi. Lei è già seduta sulla poltrona con il solito quaderno su cui prende appunti. Dalla sua faccia capisco che è stanca. Il pallore del viso fa sì che sia un tutt’uno con la camicetta bianca.
Quando mi sento pronto inizio
“Il sogno è suppergiù lo stesso. C’è qualche piccolo cambiamento in alcuni dettagli e poi c’è la parte nuova. “
“non correre, respira profondamente, chiudi gli occhi e dimmi cosa è cambiato”
“La benda non è più rosa ma nera. La biancheria invece è rossa anziché nera”
“rosa o rossa”
“rosso acceso.”
“Sono nudo.”
Il fruscio della penna che scorre sul quaderno mentre lei prende appunti mi fa venire i brividi. Mi ricorda il sogno. Con un sospiro riprendo a raccontare
“ho in mano la benda nera che ho appena tolto dai suoi occhi. I suoi bellissimi e lucidi occhi hanno un colore blu intenso, le pupille sono dilatate, le palpebre sono nere grazie al mascara sciolto dalle lacrime, mi guarda intensamente. Sostengo il suo sguardo fino a quando non lo abbassa. Mi avvio verso il banco da lavoro che si trova alle mie spalle e su cui giacciono oggetti erotici di vario tipo. Glieli mostro uno ad uno gustandomi le sue reazioni. Alla fine scelgo un frustino molto lungo e flessibile che faccio sibilare vicino alla sua testa posta alla fine del cavalletto ed una specie di morso. Le urla di paura mi danno fastidio. Si può lamentare solo quando prova dolore. Lo sa questo! Tra me e me ammetto che sono invece quelle di paura che mi eccitano di più. Salgo su uno sgabello davanti a lei e le metto il morso che tiene aperta la bocca. Lo dilato prima al massimo per poi portarlo alla misura giusta. Arrivo con il pene all’altezza della bocca pronta a riceverlo da cui scendono già fiumi di saliva. Lo infilo nel morso e sento prima il calore e poi la lingua avvolgerlo.
“Ferma! sei in punizione! Non puoi godere del mio cazzo” le ordino mentre si sente lo schiocco della frusta quando la colpisce sulla natica, ed il cazzo affonda nella sua gola. Vorrebbe gridare, urlare, piangere ma non lo può fare. E’ già tanto che riesce a respirare visto che con il glande sento la sua ugola.
In successione faccio partire altre due, quattro, otto frustate che la colpiscono in vari punti delle natiche ed ogni volta affondo sempre di più il membro dentro la sua bocca. L’ugola l’ho sorpassata sicuramente. Guardo i suoi occhi che quasi escono dalle orbite. Sorrido.
“brava, così” le dico mentre lancio l’ultima frustata colpendola proprio nel solco delle natiche e raggiungendo la sua fica che so essere grondante di umori.
Sfilo il marmoreo cazzo dalla bocca, una valanga di saliva e muco le scende dai lati, forse anche dalle narici.
La sento tossire violentemente, le gambe scivolano ancora di più verso il pavimento e le braccia si allungano con uno strano rumore. Il grido di dolore è assordante e prolungato. Dal tavolo di lavoro prendo una pomata rinfrescante che con leggerezza passo sui segni delle frustate. Sono diventato veramente bravo. La pelle è ancora tutta intatta. La sento ansimare per il piacere che prova grazie a questo unguento. E’ rinfrescante. Lo passo su tutti i punti colpiti con micidiale precisione senza tralasciare la fica ed il culo vittime dell’ultimo colpo.
Prendo un attrezzo che ho appena acquistato e di cui lei non conosce l’esistenza. Sarà una bellissima sorpresa. E’ una macchina particolare. Una macchina del sesso telecomandata. La regolo in modo che lo stantuffo sia nella posizione e all’ altezza giusta applicandovi sopra un dildo molto lungo. Lo ricopro di gel in modo che la sua immissione sia facilitata e lo appoggio sull’ano.
Lei si irrigidisce subito. Non le è mai piaciuto il sesso anale anche se con me lo pratica spesso. Con me deve fare tutto altrimenti la punisco. E non sempre le piace questo.
Sono di nuovo sullo sgabello con il cazzo all’altezza della bocca. I suoi occhi sembrano implorare pietà. Nel momento in cui prendo la frusta una lacrima scende lentamente lungo la guancia.
Aziono il telecomando, il pistone inizia a muoversi lentamente, si sente un lamento quando il fallo entra nell’ano. Affondo il cazzo nella bocca spalancata e faccio partire una scudisciata. Il suo urlo è così soffocato che quasi non si sente. Esco dalla sua bocca. Ansima. Per ora la corsa del fallo è regolata su una corsa breve e lenta. Dopo essere quasi uscito ricomincia a spingere. Vedo i suoi occhi dilatarsi. Urla di nuovo. Più violentemente di prima faccio entrare il cazzo nella bocca, ancora più a fondo e ZAC parte la frustata. Faccio uscire il cazzo dalla bocca. Le lacrime scendono dai suoi occhi come un fiume un piena. Al nuovo ingresso del fallo non si sente nessun gemito ed il mio comportamento è diverso. La lascio respirare tranquillamente e non la frusto. Aumento solamente la corsa del fallo. Al nuovo e più profondo affondo non riesce a trattenere il lamento che si trasforma in urlo quando vede il mio pene entrare nella sua bocca ed il colpo di frusta colpisce la natica. Andiamo avanti per una buona mezz’ora. Ora non si lamenta più, ha capito che non le conviene farlo, il fallo entra lentamente per buoni 25 centimetri nel suo culo e le sue natiche sono scarlatte. Ad ogni affondo il respiro si fa più affannoso, non piange più. La libero dal morso e scendo dallo sgabello. I suoi occhi mi guardano. Di colpo porto la velocità al massimo.
“Ahhhhhh ….. Ahhhhhhh ……. Ahhhhhhhhh” geme ad ogni affondo. Gemiti misti di piacere e dolore che aumentano di tono e intensità fino all’urlo liberatorio al momento dell’orgasmo.
La macchina continua a muoversi ancora per pochi secondi e poi la blocco. Quando le sfilo il fallo dal culo vedo l’ano rimanere dilatato. Non ci tracce di escrementi e sangue.
“brava. Hai fatto bene i compiti a casa. Ti è convenuto altrimenti ti facevo leccare tutto quanto. La libero dalle manette. Cade rumorosamente rimanendo distesa sul pavimento.
“inginocchiati” con difficoltà esegue il mio ordine. Mi avvicino a lei. Con il cazzo inizio a schiaffeggiarle il viso, lo struscio vicino agli occhi, alle orecchie. La mia eccitazione aumenta ancor di più. Mi avvicino alla bocca che subito si spalanca. Sa quanto mi piace. Glielo faccio assaporare, lecca tutta l’asta fino ad arrivare sui coglioni, risale, lo imbocca e comincia a succhiare profondando sempre di più nella sua gola, piace anche a lei, è una maestra in queste cose.
Il dondolio della sua testa si fa sempre più veloce, il risucchio diventa un vortice alla cui alla fine mi arrendo spruzzando lo sperma direttamente nella sua gola. Lei ingoia tutto avidamente senza perdere neanche una goccia di questo nettare. Lo ripulisce e si ferma. Alza la testa guardandomi fisso negli occhi, altre lacrime appaiono nei suoi occhi, deglutisce per l’ultima volta e dice
“grazie amore”
Si rialza, mi bacia, le nostre lingue si intrecciano, i nostri corpi si uniscono in un forte abbraccio, le sue mani si muovono alla ricerca del mio sesso, le mie sono già sulla fica grondante di umori, il clitoride è duro e sporgente, lo stimolo, grazie alle sue manipolazioni il cazzo è tornato duro. La faccio stendere sul pavimento, infilo il membro nella sua accogliente vagina, la stanza si riempie dei nostri gemiti di piacere, i movimenti si fanno sempre più forsennati, la chiavo alternando i movimenti prima lenti, profondi, dolci ad altri veloci e brutali.
“Ahhhhh siiiii” urla mentre raggiunge l’ennesimo orgasmo di questa serata particolare “vengoooo … vengo …. Vengoooooooooo… oddio come è belloooo ….. siiiii ancoraa” le sue parole mi eccitano in un modo incredibile, l’apice del mio piacere si avvicina sempre di più, sempre di più fino al momento in cui non sento le lacrime uscire dai miei occhi, la guardo e le urlo il mio amore.
Poi mi sono svegliato.
Il silenzio che è sceso nello studio è disturbato solamente dal respiro di Luciana, veloce, affannoso , ansimante. La guardo e vedo l’eccitazione sul volto, il seno che si alza e si abbassa con quel respiro affannoso, i capezzoli che formano due piramidi sulla camicetta, la gonna leggermente alzata sulle gambe tanto da mostrare la fine delle calze autoreggenti, la mano che trema mentre tenta di prendere appunti, dalle palpebre degli occhi scendono gocce color nero, sono lacrime mescolate al mascara.
I nostri sguardi si incrociano, cerca di riprendere la solita aria professionale.
“Luciana ho ponderato tutto il giorno sulla cosa ed ho deciso che questa è l’ultima volta che vengo. Prima o poi capirò il significato di questo sogno che ad essere sincero inizia a piacermi. Ti ringrazio dell’aiuto che mi hai dato, non offenderti per la decisione ma preferisco così”.
Sul viso ancora scosso dal racconto appare una smorfia di delusione.
“sei libero di fare quello che vuoi.”
Ci salutiamo con una fredda stretta di mano. Esco dal portone del palazzo. E’ tardi e buio pesto. Mi fermo e faccio vagare il mio sguardo per la stretta strada. Da un telone pubblicitario scendono delle corde, sotto l’infrastruttura di un palazzo c’è un cavalletto abbandonato, le strisce di plastica bianco e rosse utilizzate per delimitare il cantiere sono agitate dal vento, un rumore di passi si fa sempre più vicino. Sento uno scricchiolio,
vedo il portone aprirsi e vedo lei. Mi guarda, si avvicina, le mie labbra si aprono in un sorriso quando sento la mia eccitazione crescere
“Ti ho aspettato tanto” le dico con voce ferma e autoritaria
“lo so. Anch’io ti ho aspettato per tutta la vita” mi risponde baciandomi
P.S. Questo racconto l’ho postato anni fa in un altro sito con un nick differente e me ne ero quasi dimenticato. Chiedo scusa se alcune descrizioni sono poco chiare, ero alle prime armi, ma ho preferito lasciarlo com’era.
Spero vi piaccia ugualmente