Spiando dalla finestra
Avevo già conosciuto i piaceri del sesso quell’estate di qualche anno fa; non che fossi un esperto, ero appena maggiorenne ed avevo avuto qualche ragazzetta della mia età delle quali con una soltanto mi addentrai nel letto (o per meglio dire il pavimento del garage). Ma una cosa è certa, e nonostante sia ancora parecchio giovane posso assumere con estrema certezza, che quell’esperienza è stata e sempre la ricorderò come una delle più fantastiche della mia vita.
Ero da poco rientrato in casa, e come ero solito fare prima di andare a letto, mi facevo una bella doccia e poi mi mettevo a bere qualcosa di fresco in salotto, davanti alla televisione (il più delle volte finendo a masturbarmi su quei canali che a tarda notte ospitavano strip tease completi di donne con sovrimpressione un numero 899 da chiamare per fare della sana sesso – conversazione). Quella sera però mi affacciai alla finestra; pioveva ed ho sempre amato guardare la piazza dove abitavo durante il temporale, dal terzo piano. Un Doblò nero era parcheggiato poco sotto casa mia in doppia fila, praticamente in mezzo di strada. Non mi resi subito conto di cosa stesse succedendo, ma uno strano movimento dentro la macchina mi portò a guardare con più attenzione attraverso l’enorme parabrezza di quel modello, e non potei far altro che constatare che stavo assistendo ad un bel pompino!
Essì, il tizio di turno, alla guida dell’automobile, si stava facendo fare una pompa in piena regola. Causa pioggia e distanza, non potei cogliere ogni minimo particolare della scena, ma la posizione della tipa e il movimento della sua testa erano inequivocabili! Ebbi un erezione in men che non si dica, e senza pensarci più di tanto cominciai a masturbarmi a quello spettacolo, con tutta la fantasia del caso. Sborrai dopo poco su di un fazzoletto, ripulendomi alla meglio; e proprio mentre ero lì a risistemarmi il corredo, sentii la portiera sbattere e la macchina ripartire. Evidentemente avevano finito anche loro! Riconobbi la ragazza poco prima che sparisse sotto ai portici: la tipa era una ragazza di qualche anno più grande di me che abitava nel palazzo accanto, al quale non avevo mai rivolto parola, ma che incrociavo giornalmente sotto casa.
Passò qualche settimana, e di tanto in tanto la notte sbirciavo dalla finestra per vedere di potermi gustare un’altra scena simile, ed ebbi fortuna altre due o tre volte, non ricordo di preciso.
Poi un giorno d’agosto, dovendo cominciare a far fronte ad un brutto debito in matematica acquisito durante l’anno (ero bocciato due volte, al liceo, cavarmela con un debito era una favola), andai a far gruppo di studio con un paio di ragazze e ragazzi che gravavano della solita incombenza, e decidemmo di riunirci a casa di Rebecca, che abitava proprio nel palazzo vicino al mio. Verso le 19 decidemmo di smettere e di continuare un altro giorno con il ripasso, visto che eravamo stanchi e qualcuno aveva già ben visto di svignarsela con una scusa. Andato via anche l’ultimo ragazzo, mi trattenni a dare una mano a Rebecca a rimettere a posto i tavoli e le seggiole, poi salutai anche lei ed uscii.
L’ascensore era occupato, così (sono un pigro da medaglia d’oro) anzichè farmi 4 piani di scale decisi di attendere che si liberasse. Una porta di un appartamento si aprii alle mie spalle, e girandomi mi resi conto che si trattava della ragazza che avevo visto più volte esibirsi in un bel pompino proprio in mezzo di strada. Rimasi quasi shockato a trovarmela davanti ad aspettare l’ascensore con me, ma quando ebbi il coraggio di alzare gli occhi e guardarla in faccia, mi resi conto che mi stava fissando sorridendo.
Rimasi un attimo perplesso, ma non sapevo di preciso che dire. Fu lei a rompere il silenzio: „Toh, guarda chi si vede, il guardone della finestra.“
Mi cascò il mondo addosso, mi sentii gelare. Credo che dall’imbarazzo la pelle della mia faccia assunse una colorazione violacea.
„Non te ne sei persa nemmeno una, eh?“
Non sapevo cosa rispondere. Farfugliai qualcosa di sconnesso, mentre mi sentivo il visto avvampare dal calore dell’imbarazzo.
„Beh, che ne pensi? Sono brava?“ Parlava con naturalezza ed ingenuità quasi, il che rendeva il tutto ancor più strano e surreale.
„Non è che si veda molto, da quella distanza“ Me ne uscii io, decidendo di recuperare un minimo di coraggio e dignità ed uscirmene con qualcosa di sensato.
„Beh, sono sicuro che quello che non potevi vedere, te lo sei immaginato. E di sicuro di sei anche fatto delle belle seghe, vero?“
Ripiombai nel silenzio più disarmante. Non sapevo davvero cosa dire. Senza rendermene conto tuttavia il mio cazzo prese vita da solo e si indurì al di sotto della tuta che indossavo, vuoi un po per la situazione che stavo vivendo, vuoi un po perchè comunque la tizia non era affatto male! Capelli nero corvini, alta e slanciata, non aveva molto seno ma aveva un culo e due gambe che a dire che erano perfetti non se ne rende merito!
„Bingo…“ Disse lei scoppiando a ridere quando vide il rigonfiamento sotto i miei pantaloni.
E poi successe. Riportò gli occhi sui miei, assumendo un espressione che tutt’ora ho impressa nella mente, e mi disse: „Vieni con me, va…“
E senza aggiungere altro tornò sui propri passi tirando fuori un mazzo di chiavi e aprendo la porta della suo appartamento. „Ma sbrigati, che babbo alle otto precise arriva a casa.“
In automatico, come se non avessi più padronanza del mio corpo, la seguii e scivolai in casa sua. Lei mi guidò dritta in camera sua, sedendosi sul letto ad una piazza incassato direttamente nell’armadio. Mi fece cenno di avvicinarmi, ed io obbedii. Poi lei sciolse la cordina dei pantaloni, infilò una mano dentro le mie mutande, e liberò il mio cazzo cominciando a massaggiarlo con estrema gentilezza.
Non sono mai stato un super dotato, anzi, tutto il contrario. Il mio cazzo si aggira intorno a 13 – 15 cm per un diametro abbastanza modesto (mi dispiace, ma al contrario del 99% di chi scrive storie, no, non ho un cazzo alla rocco siffredi), e inizialmente lei parve un po delusa da quel che si ritrovò in mano. Me ne accorsi a mala pena e gli diedi il giusto peso; mi girava la testa e mi mancava l’aria, ancora non ci credevo cosa mi stesse capitando. Ero eccitato all’invero simile, tanto che una gocciolina di sperma aveva già fatto capolino dalla cappella, lubrificando quello stupendo massaggio.
Mi tirò fin sotto al culo i pantaloni e le mutande, mise la mano libera sulle mie chiappe e mi spinse appena verso di lei. Mi diede un ultima occhiata, poi abbassò il capo e cominciò a succhiarmelo. Lentamente, con dolcezza. Sentivo le sue labbra chiuse sul mio cazzo andare su e in giu ritmicamente, mentre la lingua dentro alla sua bocca stuzzicava con tantissima saliva il frenulo. Penso di esser durato al massimo 45 secondi, non di più, poi senza controllo e con un gemito piuttosto liberatorio, riversai nella bocca della tipa tutta la sborra che avevo nelle palle. Mi cedettero quasi le gambe, dallo spasmo violento che mi provocò!
Bevve tutto fino all’ultima goccia, continuando a giocare con il mio cazzo nella sua bocca. Quando si fermò e lo tirai fuori, era paonazzo, ma la mia erezione non dava segni di perdita.
„Mi spiego la cosa solo in tre modi: o sei vergine, o non scopi da un pezzo, o sono veramente brava.“ Annuì un paio di volte, parlando con quel tono un po saccente che lì per lì mi diede un po di rabbia, e mi riportò nel mondo reale delle cose, cominciando a riprendere pian piano il controllo del mio corpo.
„Diciamo le ultime due.“ Dissi con un filo di voce.
„Rivestiti…“ Rispose lei tornando a sfoggiare quel sorrisetto di poco fa, sul pianerottolo.
Presi il coraggio, ormai non potevo far peggio figura di merda. „Toccherebbe a me, però adesso.“ La tirai lì, conscio del fatto che di li a breve mi sarei preso dei grossi insulti e sarei stato cacciato fuori di casa ancora con il culo di fuori e il cazzo ritto.
Il suo sorriso scomparve lentamente dal suo volto. Si fece seria. Poi si alzò dal letto, ed anzichè cacciarmi, cominciò a sganciare la cintura dei jeans che indossava, ed una volta liberatasi di quella, li fece scendere fino alle caviglie. „Perchè no? Ormai ci siamo“. E tornò a sedersi sul letto. Non me lo feci ripetere.
Mi inginocchiai e gli tolsi le scarpe da tennis che portava, curando di togliere anche i calzini: ho sempre amato i piedi femminili, e non volevo di certo perdere l’occasione di dare una sbirciatina: carini e molto curati, ma un po troppo affusolati ed allungati, niente di particolare.
Passai ai calzoni, che tirai via e gettai sul pavimento. Mi ritrovai davanti un paio di mutande modello brasiliane nere, col bordo leopardato. Volevo sorprenderla, cercare di riacquisire qualche punto, ed evitai di buttarmi di colpo subito sulla sua fica. Cominciai a baciarla nell’interno coscia, lentamente, salendo e scendendo fino a sfiorare le sue zone intime ma senza ancora assaggiarle; continuai questo giochetto per qualche minuto, fin quando con estrema soddisfazione notai che il suo respiro cominciava leggermente ad accelerare e la stoffa delle sue mutandine si stava facendo man mano più scura, bagnata dai suoi umori.
Fu allora che senza smettere di baciarla lungo la coscia, cominciai a toglierle le mutande, e lei mi aiutò alzando un poco la schiena, facilitandomi. Mi si parò davanti un odore meraviglioso ed una vista ancor più magnifica; le labbra erano già schiuse, gonfie e vogliose, e dalla loro cima faceva capolino il clitoride, rosa chiaro e pulsante quasi. Scesi per l’ultima volta lungo le sue cosce ed arrivai a destinazione. Appoggiai le mie labbra contro le sue e cominciai a giocare col suo pertugio, facendo entrare ed uscire la lingua più volte, per poi risalire lentamente verso il clitoride e dedicarmi completamente a lui.
Cominciò a gemere, ed io non smisi mai di trillare con la punta della mia lingua il suo piccolo cazzetto; con le mani, risalii sulla sua pancia, sotto la maglia che ancora indossava, fino a all’altezza del suo seno, che cercai di liberare dalla morsa del reggiseno (ancora una volta aiutato da lei. Aveva delle tette molto carine: sode, dure, ma non enormi. Una seconda al massimo, mi stavano precise precise nelle mani.
Di punto in bianco, come un fulmine a ciel sereno, presi una decisione. Riabbassai le mani e mi tolsi scarpe e calzoni il più velocemente possibile, continuando a non dar pace al suo clitoride, che la faceva pian piano impazzire. Afferrai poi alla base il mio cazzo, smisi di leccare, e gli andai sopra. Li per li forse fece resistenza, non lo capii bene dai suoi movimenti; fatto stà che riuscii agilmente a penetrarla e cominciai a scoparla. Affondavo il più che potevo col bacino. Lei poco dopo comincio nuovamente a gemere, ed io di tutta risposta mi dedicai al suo capezzolo destro, che cominciai a trillare come avevo fatto poco prima col clitoride, con la lingua. Durai ancora poco. Cinque minuti, dieci, non di più, ed ancora una volta feci una sborrata colossale, curandomi bene di uscire prima, inonandola sulla sua pancia.
Era chiaro come il sole che nonostante stesse gemendo durante la penetrazione, non avesse ancora raggiunto l’orgasmo. Così, dopo aver sborrato, senza dargli tempo di fare niente, tornai a scendere con la mia bocca sulla sua fica, bagnatissima, e ricominciai il giochetto della lingua, stavolta aiutato dalle dita, indice e medio, che entravano ed uscivano dal suo buco ritmiche, mentre tartassavo il suo clitoride con la lingua. Ero sul punto di gettare la spugna, i suoi gemiti aumentavano ma l’orgasmo tardava ad arrivare. Poi a un certo punto, si zittò di colpo. Inarcò la schiena con uno s**tto e le sue mani strinsero le lenzuola arruffate del letto. Trattenne il fiato per diversi secondi, e poi esplose in un mugugno da paura. Mi spinse lontano, nell’impeto dell’orgasmo, ed io caddi col culo a terra osservandola contorcersi.
Rimanemmo in quel modo per quasi un quarto d’ora, in silenzio.
Poi lei si alzò e lentamente si rivestì. Mi mollò un bacio in bocca con tanto di lingua piuttosto violento e duro, e quando si staccò mi disse: „Adesso non hai più niente da immaginarti, conosci tutto. Buone seghe!“
Mi fece cenno di rivestirmi e mi accompagnò alla porta. Volevo chiederle se ci saremmo rivisti, se avremmo scopato ancora, il suo numero di telefono o altro.
Mi chiuse la porta in faccia, regalandomi prima ancora una volta quel suo sorrisetto.
La rividi un sacco di volte, per strada, ed a malapena mi salutava.
Mi dispiace, ma non la scopai mai più. Cambiai casa l’anno dopo, di tanto in tanto la rivedo tutt’ora in città, speranzoso che ricapiti qualcosa del genere, ma temo che non avrò più tale occasione.