.Orchidea elvetica – parte terza.
Lei si separò dal pene e deglutì un orgasmo copioso e memorabile.
La mia fronte era imperlata di sudore e un senso di semi-narcosi mi avvolgeva in un abbraccio caldo.
Mi risistemai svogliatamente e lei mi scortò alla mia auto; ci scambiammo i numeri, la voglia di rincontrarci era grande.
Circa una settimana dopo in un luminoso pomeriggio d’agosto, optammo per una passeggiata al parco di Monza e riprendemmo a parlare sondandoci vicendevolmente .
Lei si chiamava Giulia,era divorziata e nella vita faceva l’infermiera in un reparto di neuro- psichiatria infantile. La stimai grandemente per questa scelta, ne evincevo una certa prestanza d’animo. Credo che la sua propensione a sdrammatizzare a colpi d’ilarità, fosse un disperato meccanismo di difesa ad un lavoro che poteva annichilire i nervi anche della persona più psico-nerboruta .
Sentimentalmente parlando, la voglia di rimettersi in gioco era forte per ambedue e nel frequentarci stavamo puntando tutte le nostre fiches sulle nostre rispettive roulettes. Sperando di essere più fortunato in amore che nel gioco, avevo in cuore la stessa trepidazione che nutrivo da ragazzino alle prese con le mie prime storie d’amore.
Non ci volle molto perché mi invitò a casa sua per un caffè.
Non dimorava troppo lontano dal luogo dell’appuntamento e comunque l’avrei seguita anche in capo al mondo.
Giungemmo al suo appartamento: oggetti da ogni parte del globo rendevano alquanto vivace l’ambiente e le guide turistiche sugli scaffali, confermavano un certo interesse per viaggiare.
La quantità di libri che ci attorniava era apprezzabile, segno di una sana bulimia intellettuale che contrastava con un’era a mente morta come la nostra.
Lei mi invitò ad abbandonare scarpe e calze all’ingresso e seguii i suoi deliziosi piedini muoversi verso la cucina.
Mi accostai al bordo del tavolo, contemplando i gesti rapidi con cui scomponeva la moka: il suo culetto tondo si agitava sensuale nello spazio circostante e circa un metro più sotto, ella si rialzava graziosamente sull’avampiede per raggiungere un barattolo di caffè sito su di uno scaffale fuori dalla portata delle sue mani.
Mi lanciai alle sue spalle per agevolarla , appoggiandomi involontariamente a lei: le porsi il barattolo e ci scambiammo un’ occhiata svelta che per me fu un’ abbagliante fotografia fatta con la mia mente, che immortalò tutta l’ avvenenza del suo viso.
Quel dolce triangolo formato dai suoi occhi e dalla sua bocca, furono fatali: mi stavo innamorando nuovamente di una donna.
La baciai istantaneamente e lei sorridendo mi ringraziò arrossendo; ella finì di caricare la caffettiera e dopo aver acceso il fornello, appoggiandosi al piano della cucina e irradiandomi con un sorriso magnifico, cinse il mio torace e iniziammo a conversare inframezzando con brevi baci.
Capivo che per come si stavano mettendo le cose, dopo il caffè avremmo consumato qualcosa di ancor più caldo.
La caffettiera in ebollizione pungeva i nostri nasi e riempiendosi di scuro tagliò momentaneamente quel filo di tensione erotica che ci stava congiungendo fino a qualche secondo prima. Sorseggiammo caffeina inabissati nel divano del salotto e vedere le sue labbra rosee sbaciucchiare la tazzina, ristrinse repentinamente il nodo che si era costituito tra noi.
Lei depose la chicchera su un tavolino attiguo al divano e si estese con il corpo lungo quest’ultimo, tenendo le braccia intrecciate dietro la testa.
I suoi piedi gravavano sulle mie cosce e il pene era tanto eretto, da sbucare dai pantaloni mirando all’ombelico e ritraendo parzialmente il glande.
Iniziai a carezzarle il collo del piede sinistro , poi con ambedue le mani salii lungo le cosce. Lei trascinò i piedi verso i suoi glutei fino a piegare le gambe; le ginocchia erano approssimate tra loro e i piedi convergevano con le punte.
Io di risposta, le disgiunsi le sue cosce e ci scivolai in mezzo, facendole sentire il mio sesso irrigidito contro il suo.
Ci baciammo focosamente , intrecciando le nostra lingue lasciviamente; lei si interruppe e mi sussurrò: ”Tira fuori la punta della lingua.” Io non afferrai i suoi intenti, ma la accontentai ed ella iniziò a succhiarla come per una una fellatio.
Io la lasciai fare e quando fui bastantemente stuzzicato, mi dissaldai da lei e le chiesi di mettersi a carponi inarcando leggermente la schiena a livello lombare: ciò che ne derivò fu il contrarsi di due natiche sodissime, curve e perfettamente separate. Per l’azione, i pantaloni le si erano impetuosamente calati e potevo adocchiare un sensualissimo perizoma nero affacciarsi dai jeans.
Le sbottonai i blue-jeans e nell’ abbassarglieli i glutei le balzarono fuori dal tessuto, facendo sparire il perizoma tra di loro; con lentezza le calai quest’ultimo fino a scoprirle completamente le parti intime: un delicato ano roseo stava al terminare della la sua incantevole orchidea che ora con maggior chiarore, potevo venerare in tutto il suo carnale prodigio.
Le distanziai le grandi labbra che facevano da sipario ad un piccolo clitoride inumidito di linfa femminile e senza esitazione, la gustai tuffando interamente il mio viso entro i suoi glutei.
La udii ansare e la mia bocca era colmata del suo sesso; il mio naso terminava nella vagina, inumidito sulla punta; poco più in sù, il suo ano si contraeva di tanto in tanto, accompagnando gli impeti di piacere che riceveva dal mio lambire.
Lei principiò a prenderci gusto e mosse il suo sedere altalenandolo sul mio viso ,poi spostò una mano dal divano per metterla sulla mia nuca premendo il mio volto contro di sé.
Io che tenevo le mani sui glutei, li lisciai diverse volte, poi mi separai , le detti la sculacciata e la morsi con passione.
Lei accettò quello stimolo con piacere e in seguito non resistetti dal penetrarle l’ano con la punta della lingua un paio di volte.
Lei si voltò e sorridendo disse “…dai,scemo…” ,mi alzai e finii di svestirmi: il pene sbalzò fuori dai pantaloni sbatacchiando lateralmente contro le mie gambe.
La penetrai da quella posizione, stringendole il culo tra le mani, con una gamba poggiata sul divano l’altra al suolo. Il pene le scivolò dentro senza troppe difficoltà, avvolto dalla sua accogliente vagina.
Lei schiuse la bocca di piacere e per me fu lo stesso: quel connetterci anatomicamente era insieme all’orgasmo, uno degli attimi più gradevoli del rapporto e provare assieme tali percezioni, è qualcosa che crea una magica e unica affinità tra uomo e donna.
Iniziai a spingere con il bacino in un accrescere di intensità, fino a stabilizzarmi su di un ritmo alquanto sostenuto. Lei gemendo teneva il capo verso il basso, con la sua morbida chioma che come i rami di un salice sfiorato dalla brezza, scendevano svestendole il grazioso collo.
Io le presi i capelli delicatamente, raccogliendo una coda di cavallo; lei reclinò il capo all’indietro e io spinsi il pene ancora più vigorosamente dentro lei. Ella tra un sospiro e l’altro disse : “Vai avanti…non fermarti, ti prego…” e io le ubbidii .
Le Passai i palmi sotto la maglietta scivolando con le dita sotto il reggiseno, circondandole i seni con i palmi e li strinsi prudentemente tra le mani. Lei gemette forte di piacere e andò avanti per circa un minuto, trascinata dall’orgasmo che la stava portando verso un vortice di estasi erotica. Io sentivo stanchezza nelle gambe, per cui decelerai per fermarmi e variare posizione.
Lei si sedette ed io finii di spogliare il suo piacentissimo corpo: il suo fisico fine era estremamente in forma, la pelle era come velluto sotto le mie palme e nulla aveva da invidiare a ragazze più giovani.
Le sue gambe sottili mi facevano impazzire e bramavo esserne avvinghiato, scivolando tra di esse.
(continua)